TERAMO – L’emergenza Coronavirus a Teramo non ferma le celebrazioni del 25 Aprile, Giornata della Liberazione dell’Italia dall’oppressione del Nazi-Fascismo. Nonostante l’impossibilità di celebrare con la presenza del pubblico l’importante ricorrenza storica del 75° anniversario, la cerimonia provinciale si svolgerà nel capoluogo in forma ridotta all’essenziale e con le misure di sicurezza vigenti per il contenimento del contagio Covid 19, con la presenza del sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto, del presidente teramano dell’Anpi Antonio Topitti e di due vigili urbani in alta uniforme con il Gonfalone del Comune.
Il programma prevede che alle 10 il sindaco e il presidente Anpi sosteranno per qualche minuto di raccoglimento in onore al Monumento al Partigiano, ai giardini “Ivan Graziani” alla Madonna delle Grazie. Alle 10.30 il sindaco, accompagnato da due vigili in alta uniforme con il Gonfalone della Città, si recherà al Monumento ai Caduti in viale Mazzini dove deporrà la corona e formulerà un breve saluto istituzionale. Per rendere partecipe la cittadinanza, verrà effettuata la diretta della cerimonia sul social network Facebook sul profilo del “Comune di Teramo”.
L’Anpi ha già annunciato da giorni l’iniziativa nazionale con il flash mob al canto di “Bella Ciao” sui balconi delle case degli italiani con appuntamento alle 15, contemporaneamente ricordando i principali episodi della Resistenza teramana, ui suoi eroi ed i suoi martiri.
L’Università di Teramo per celebrare la Liberazione ha scelto invece la radio, con una maratona di lettura su Radiofrequenza e l’intervento di storici e studiosi. I sindacati hanno voluto ricordare le principali battaglie in atto nel Teramano sul fronte del lavoro, i problemi nell’erogazione della cassa integrazione e ringraziare in particolare i metalmeccanici che lavorano nel comparto sanitario durante l’emergenza Covid. Infine, il Centro Politico Comunista “Sandro Santacroce” ha lanciato una riflessione sul pericolo del revisionismo storico che impazza negli ultimi anni nel tentativo di equiparare vincitori e vinti del 25 Aprile.
IL DISCORSO DEL SINDACO. «Quest’anno, dopo 75 anni, la Festa della Liberazione ci coglie nel momento più duro che il nostro Paese vive dopo la seconda guerra mondiale. Nonostante tutto, resta una Festa, nel senso etimologico e proprio del termine, un momento di “gioia pubblica”, comune, e che oggi assume il valore di speranza e sogno di una comunità, la nostra, che vuole conservare e ritrovare presto il senso pienamente democratico del vivere liberi e insieme. E come tale va celebrata, in ogni caso, sia pure nelle limitate forme oggi consentite.
Ma su questo voglio subito essere chiaro. Nelle ultime settimane abbiamo ascoltato e letto dell’accostamento tra la celebrazione del 25 Aprile e la condizione di “resistenza” e di lotta al Covid-19. Niente di più inesatto. Non si confondano le due cose.
C’è un punto però, forse l’unico, che ci deve spingere ad accomunare le due situazioni, a guardare parallelamente alle due epoche: la coscienza della Libertà e, quindi, la consapevolezza dei diritti.
Amo ricordare, in occasioni come questa, la frase di Piero Calamandrei: “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.” Questa frase l’abbiamo letta sui libri, ascoltata nei documentari, tracciata in atti o in post commemorativi. Ma le recenti generazioni ovviamente non hanno mai potuto comprenderne il senso profondo, né percepirne l’altissimo significato.
Ecco, il dramma Covid, con le restrizioni cui siamo stati tutti costretti, oggi come non mai, ci sta consentendo, anche se solo in lontanissima parte e con profondissime differenze, di comprendere quanto sia preziosa e indispensabile la Libertà sostanziale, quanto valgano incommensurabilmente i diritti che, con il loro sangue, le donne e gli uomini della resistenza hanno donato al nostro tempo e che noi ora abbiamo il dovere di difendere e custodire per il nostro futuro.
Certo, nella condizione attuale si è trattato della rinuncia ad abitudini e stili di vita mentre nel periodo che stiamo celebrando oggi, la lotta di Liberazione era l’auspicio alla libertà di pensiero, alla libertà di azione, alla libertà di scegliere e vivere come a ciascuno sarebbe piaciuto.
La Liberazione del ‘45, culmine della Resistenza e della lotta di tutti coloro che contribuirono all’abbattimento del regime nazi-fascista, resta l’evento su cui sono nate e si fondano ancora la nostra Repubblica, la nostra Costituzione, la nostra Democrazia. Quel portato di speranza ed entusiasmo, di condivisione ed impeto individuale, di sacrificio e successo, si è spalmato dentro l’idea della nazione e poi nelle maglie della quotidianità; talvolta esaltata, altre volte messa a rischio.
Nessuna retorica, nessuna frase ad effetto. In questo mio breve saluto voglio solo riproporre la testimonianza del sindaco della città che è stata protagonista della lotta di Resistenza, e sottolineare che il nostro sentimento, le nostre linee-guida sono le stesse di allora.
Come in tutta Italia, anche a Teramo la lotta fu serrata, dura. E fu vinta. Così, i partigiani ci indicarono che bisogna guardare al futuro con speranza, e dopo ogni dramma tornare al lavoro per ricostruire un mondo migliore, con la rimozione definitiva, soprattutto in una fase come questa in cui siamo tutti colpiti indistintamente, di barriere e confini, geografici ma soprattutto culturali.
Ma oggi più che mai, custodire l’eredità della Liberazione passa per la consapevolezza e l’affermazione piena, e uguale per tutti, dei diritti, della giustizia sociale, della solidarietà verso gli ultimi e i più deboli. Oggi, e anche nel prossimo futuro, va declinata come liberazione dal bisogno, dagli ostacoli di ordine economico e sociale, da tutto ciò che produce l’ingiustizia più grande, quella di non poter essere e di non poter fare ciò che desideriamo e ciò per cui siamo al mondo come persone e cittadini, in una sola frase: “di non poterci dire veramente liberi”.
Ma liberarci dal bisogno significa anche, e oggi lo dobbiamo affermare con rinnovata forza, pretendere una piena ed eguale attuazione del diritto di ognuno alla tutela della salute, propria e di quella generale della comunità di appartenenza, che costituisce un portato straordinario che, attraverso la conquista della centralità della persona con la resistenza e la lotta di liberazione, è stato scolpito, quale unico diritto espressamente definito “fondamentale”, nell’articolo 32 della nostra Costituzione.
E perciò, onorare la Liberazione significa anche rimettere al centro dell’azione delle istituzioni e della politica la “sanità pubblica” che garantisca cure sostenibili a tutti, con risorse e investimenti che consentano al nostro sistema sanitario anche di resistere con forza ed efficacemente ad emergenze straordinarie come quella che stiamo vivendo, superando definitivamente l’epoca della sanità al servizio della politica o del politico di turno.
E anche per questo, nel giorno della liberazione, il pensiero va a coloro che, oggi come e più di sempre, di quel diritto alla salute sono i formidabili custodi, a chi ci sta proteggendo e che dobbiamo proteggere: medici, infermieri, sanitari; a loro, ancora una volta, va il ringraziamento enorme dell’intera nostra comunità.
Così come un abbraccio va alle famiglie di tutti coloro che, colpiti dal maledetto virus del nostro tempo, in questo giorno di festa non sono più con noi.
Anche per questo va ricordato forse che la Liberazione è stata innanzitutto uno straordinario atto d’amore, di quell’amore che si è saputo nutrire di coraggio, di quell’amore verso il nostro Paese e il suo futuro, che ha unito persone e gruppi fra loro ideologicamente diversi ma tenuti insieme dalla forza straordinaria di quegli ideali comuni di uguaglianza, libertà e democrazia, fino a far sciogliere le donne e gli uomini della resistenza nell’abbraccio festoso e vittorioso di quel 25 aprile del 1945.
A quell’amore, pieno di coraggio e carico di speranza, seppur distanti e lontani, guardiamo anche oggi; e a quell’abbraccio, rivolto soprattutto a chi oggi non possiamo stringere come vorremmo, pensiamo con fiducia come al momento che segnerà, con gioia, la fine di questa maledetta e buia parentesi di solitudine, nella lunga meravigliosa storia di ciascuno di noi e di una nazione che, anche in questa vicenda, sta dando straordinaria prova di solidarietà.
Il Comune di Teramo, così, vuole celebrare questo anniversario nonostante la difficoltà del momento. Crediamo che occasioni come questa siano e restino fondamentali nella difesa e nella lotta contro ogni forma di fascismo.
Abbiamo bisogno, ogni anno di più, di celebrare la nostra liberazione che è molto di più della libertà, la contiene e la esalta, la rende effettiva perché la disegna uguale per tutti.
Mentre chiudiamo gli occhi, ci piace immaginare una piazza gremita, nella quale istituzioni e cittadini si ritrovano per tornare a raccontarci ciò che siamo.
Ora, con la stessa forza delle donne e degli uomini della liberazione, continuiamo a stringerci per guardare al nostro presente con chiarezza e proiettarci verso il futuro con speranza e coraggio.
Viva l’Italia, viva il 25 aprile, viva la Resistenza teramana, viva la libertà e l’uguaglianza, Viva la nostra Costituzione».
IL PREFETTO PATRIZI. «In occasione del 25 aprile, Festa della Liberazione, con cui si celebra la fine dell’invasione nazi-fascista, un momento che ha segnato profondamente la storia del nostro Paese, desidero rivolgere un doveroso omaggio alle donne e agli uomini che hanno offerto la propria vita per la liberazione dell’Italia e a quello spirito che più di settant’anni fa li mosse. La nostra democrazia affonda le sue radici nella lotta al nazifascismo e nei valori di libertà, indipendenza, fratellanza, umanità e pace che poi furono consacrati nella nostra Costituzione. La Resistenza fu un movimento corale, ampio e variegato. animato da forze eterogenee di diversa estrazione sociale, politica e religiosa, unite dal comune fine della liberazione dell’Italia e dell’Europa dal totalitarismo e dall’occupazione militare straniera. Anche la liberazione di Teramo fu frutto del sacrificio di coloro che immolarono la loro vita, così come accadde nella battaglia di Bosco Martese del 25 settembre 1943, pagina gloriosa nella storia della resistenza italiana dove fierezza e amore per la libertà rappresentarono per il popolo teramano e per l’Italia intera un unico e irrinunciabile ideale di vita. È importante tener vivo il senso di autentica solidarietà e coesione che animò il sacrificio di tanti italiani con l’obiettivo esclusivo del bene comune. Quest’anno, nel quale tutti noi ci troviamo ad affrontare una drammatica emergenza estesa, come ci è tristemente noto, a livello internazionale e mondiale, dobbiamo ricordare quei valori che furono i valori fondanti della resistenza e poi della nostra Repubblica, ricordandoci che le gravi difficoltà in cui si trova il nostro Paese le potremo superare solo con un forte sentimento di solidarietà e fratellanza, rinnovando ed attualizzando il sacrificio compiuto dai caduti e rivolgendo loro un pensiero riconoscente. Con questi sentimenti auguro a tutti un buon 25 aprile».
IL PRESIDENTE DELL’ANPI FRANCHI. «Il genere umano sta vivendo un momento storico di una gravità inaudita. Sta combattendo una dura battaglia contro un nemico invisibile, il coronavirus che semina morte in tutto il mondo. In Italia, grazie al blocco delle attività produttive e all’isolamento imposto dalle autorità governative, la situazione è sotto controllo ma desta ancora preoccupazione. Il numero delle vittime ha superato ampiamente le ventimila unità, nonostante l’opera encomiabile dei sanitari che spesso senza dispositivi protettivi rischiano ogni giorno la propria vita.Le forze dell’ordine e i militari sono impegnati ad alleviare i sacrifici dei cittadini e a garantire il rispetto delle disposizioni restrittive, mentre le associazioni umanitarie e del volontariato sono in prima linea per assistere chi ha bisogno di aiuto e vive nell’indigenza. In questa situazione che rischia di cambiare il corso della storia e che dovrebbe indurre alla solidarietà e all’unità, Alessandro Sallusti , direttore de “Il giornale”, ha avuto l’improntitudine di scrivere che “il virus ci ha fatto un regalo”. Si, perché – secondo lui – ha liberato il Paese per la prima volta nel dopoguerra della retorica sul 25 aprile.Questo attacco ignobile alla Resistenza e ai suoi valori va respinto con forza e determinazione. Sallusti non sa o fa finta di non sapere che il 25 aprile è la festa di tutti gli Italiani. Quindi è anche la sua festa perché gli consente da uomo libero di scrivere quello che vuole. Io, a differenza di Sallusti, amo il 25 aprile. La stragrande maggioranza degli Italiani non la pensa come lui e ama il 25 aprile. Eredi degli ideali del primo Risorgimento i protagonisti della Resistenza e della lotta di Liberazione diedero vita al secondo Risorgimento che ha restituito la libertà e la dignità al popolo Italiano. E allora, perché mai dobbiamo rinunciare alla festa della Liberazione? Io non ho mai sentito che la libertà divide un popolo. Vi immaginate un Americano che rinunci alla festa di Indipendenza del 4 luglio? Vi immaginate un Francese che dimentichi il 14 luglio, la presa della Bastiglia? Nessun Paese ha mai abiurato o negato il giorno della sua liberazione. Solo chi non sente l’amore di patria si ostina a non riconoscere la data di nascita della sua libertà. La nostra data di nascita è il 25 aprile 1945. E siamo sicuri che questa data unisce, rinsalda il vincolo di tutti gli Italiani. Compito nostro è quello di tener viva la memoria e di trasmettere alle nuove generazioni questo patrimonio politico, etico e morale perché comprendano e riflettano come è nata la nostra repubblica. A chi dobbiamo la nostra libertà e la nostra democrazia? Lo dobbiamo ai partigiani di ogni colore politico che si immolarono sulle nostre montagne e nelle valli. Non lo dobbiamo certo a chi era dall’altra parte. Non lo dobbiamo a chi teneva bordone alla Germania Hitleriana che trucidava i nostri soldati a Cefalonia. Non lo dobbiamo a chi scelse di difendere i principi antisemiti contenuti nella Carta di Verona. Non lo dobbiamo a chi collaborò a rappresaglie e si macchiò di gravi eccidi. Non lo dobbiamo a chi condivise la tremenda responsabilità di quanto avvenne nel ghetto di Roma con la deportazione in massa degli Ebrei nei campi di sterminio. Non lo dobbiamo a chi ispirò, organizzò e condivise la strage di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di Pietransieri. A questo punto domando: quanti cittadini conoscono la Resistenza nel teramano? Quanti sono edotti sul ruolo avuto dalla nostra gente nell’ epopea della lotta di Liberazione?
A Teramo e provincia durante il ventennio fascista lo spirito di rivolta non si era mai spento, mai sopito. Molti antifascisti avevano subito le angherie del regime, avevano conosciuto il confino, le persecuzioni e il carcere. Ancor prima della caduta del fascismo,tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, gli studenti dell’istituto tecnico e del liceo classico formarono raggruppamenti antifascisti. Essi si chiamavano Glauco e Manfredo Mobili, Lucio Liberi , Nino Forti, Franca Lancia, Mario Ambrosini, Iwan Costantini, Gianni Nisii, Giorgio Valente, Giuliana Valente,che era poco più di una bambina. Questi giovani costituirono il nerbo della lotta partigiana che di lì a poco sarebbe iniziata. Dopo l’8 settembre 1943 gli antifascisti Ercole Vincenzo Orsini, Mario Capuani, il leggendario Armando Ammazzalorso, l’intrepido Felice Rodomonti, l’impavido felice Mariano Franchi, il capitano dei carabinieri Ettore Bianco, il capitano Giovanni Lorenzini, il tenente Gelasio Adamoli che diventerà sindaco di Genova e senatore della repubblica e tanti altri organizzarono la Resistenza che presto dilagò e divenne lotta di popolo. Scelsero una zona impervia , difficile da individuare dove accorsero migliaia di giovani.
Era il 25 settembre 1943. Pensate! Bosco Martese rappresentò il primo scontro in campo aperto avvenuto in Italia con i nazisti invasori. La battaglia più cruenta e durò a lungo. I nazisti, i signori della guerra furono costretti a ripiegare dopo aver lasciato sul campo oltre 50 morti e tanti feriti. Sulle nostre montagne fu scritta una delle pagine più belle della Resistenza Italiana. Erano giovani di diverso credo religioso e di diverse nazionalità. Tutti animati da un solo sentimento: la riconquista della libertà. Noi teramani abbiamo pagato un prezzo altissimo per la riconquista della democrazia.
Il 26 settembre i nazisti fucilarono i carabinieri di Valle Castellana, colpevoli di essersi schierati con i partigiani. All’alba del 27 settembre i nazifascisti circondarono la casa di Mario Capuani a Toricella Sicura. Lo arrestarono e lo condussero al bosco, nei luoghi della battaglia. Lo sottoposero a interrogatorio. Volevano da lui i nomi degli insorti. Capuani si comportò da eroe e da grande Italiano. Lo assassinarono con un colpo alla nuca.
Il 13 dicembre cadeva a Montorio Ercole Vincenzo Orsini per mano di un commando fascista. Orsini era la mente politica della Resistenza. Tanti furono i teramani che caddero per la libertà: Francesco Martella, Renato Molinari ,Alberto Pepe, gli eroi di Pietralta, Berardo D’Antonio, Romolo di Giovannantonio, i martiri di Cartecchio, i ragazzi della caserma Rossi , assassinati il giorno prima della Liberazione di Teramo. L’ultima nefandezza compiuta dai nazisti ormai in fuga. Certo, non è questa l’Italia per cui le forze migliori diedero la vita durante la Resistenza e la lotta di Liberazione. La situazione economica è grave e il coronavirus la renderà purtroppo drammatica. Abbiamo 5 milioni di poveri. Aumentano ogni giorno le disuguaglianze: il 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza nazionale. Vasti settori del ceto medio sono scivolati ormai nella miseria. Tutti sanno che non c’è libertà senza giustizia sociale. A pagare il prezzo più alto sono i giovani, che spesso con una laurea sono costretti a coniugare la loro disperazione andando su e giù per i corsi delle loro cittadine senza intravvedere la possibilità di inserirsi in qualche modo nel processo produttivo. E io dico che una società che non assicura un avvenire ai i propri figli, è una società ingiusta. Una società maledetta che va cambiata nel suo profondo. Ecco la necessità e l’urgenza di impegnare tutte le forze democratiche, laiche e cattoliche, gli uomini di buona volontà e soprattutto le nuove generazioni in una battaglia per affermare un diverso ordine politico ed economico internazionale basato sulla difesa del clima, sulla crescita culturale, sul superamento delle disuguaglianze, sull’accoglienza, sulla democrazia, sulla Pace.
Oggi la Resistenza vive nella Costituzione repubblicana che è il fondamento della nostra libertà e della nostra democrazia: la fonte delle leggi alla quale ciascun cittadino deve informare la sua condotta. La Costituzione non è dei governi, ma appartiene al popolo.
In essa ci sono le intuizioni di Mazzini, i propostiti di Cavour, le idee di Cesare Beccaria.
“Amiamo la Costituzione” è stato l’ultimo ammonimento del presidente Mattarella. Essa non è un pezzo di carta , ma il frutto di lotte, di sacrifici e di sangue. Sono ormai anni che i nazifascisti e i sovranisti di tutti il mondo soffiano sul fuoco di razzismi ed etnie. In Italia assistiamo ogni giorno a rigurgiti antisemiti e xenofobi che costituiscono una minaccia per la democrazia.
L’odio contro la senatrice Liliana Segre mi ha fatto rabbrividire. Che in un Paese come il nostro si debba assegnare la scorta a una donna che è la testimone vivente della tragedia nazista della Shoah è una ignominia.
Una vergogna! Quando apprendo che il sindaco di Predappio nega il contributo del comune a 2 ragazzi per una visita al campo di concentramento di Auschwitz io insorgo. È un gesto inqualificabile, un oltraggio alla memoria. Quando sento che a Desio una donna dice ad un bambino che ha la pelle scura :“ brutto negro, non puoi sederti vicino a me”. Il suo è un atto di barbarie e di crudeltà. “Balottelli è un negro che non diventerà mai un Italiano “. Chi fa un affermazione cosi deplorevole è un razzista. Attenti a minimizzare. Guai a girarsi dall’altra parte. L’indifferenza prepara il peggio. Il fascismo nel 1922 arrivò cosi. La memoria è l’unico antidoto, l’unico rimedio al ripetersi dell’infamia della storia. Quando non si coltiva la memoria è l’oblio che prende il sopravvento. A voi cittadini, lancio un appello. Non date retta a chi vuole spianare i campi rom. Non date retta a chi con cinismo intende speculare sull’immane tragedia dei migranti, che spesso provengono da situazioni terribili e disperate . Non date retta ai populisti e ai sovranisti che indicano scorciatoie pericolose . L’Italia ha conosciuto altri sovranisti , altri nazionalisti. E fu trascinata dopo venti anni di dittatura nella tragedia della guerra .Bene ha fatto papa Francesco ad intervenire con la sua sapienza e autorevolezza. Sono preoccupato –ha detto- perché sento discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934. “Prima noi , prima i tedeschi “. Sono pensieri che fanno paura.
E’ a voi giovani, che rappresentate il futuro e la linfa della nostra democrazia, che io voglio rivolgermi. Lo so. La mia generazione ha compiuto tanti errori, non sempre ha compreso le vostre esigenze e i vostri linguaggi. Fate perciò bene a seguire l’esempio di Greta. Continuate a protestare. Soltanto così potrete salvare il mondo dalla catastrofe ambientale. Fate bene a scendere in piazza contro il pericolo della destra al canto di Bella Ciao. Conquistate altri giovani. E soprattutto prendete coscienza che l’avvenire vostro, il vostro domani si potrà costruire soltanto in una Italia che sia più giusta e solidale e in una Europa che non sia più espressione delle lobby finanziarie , ma una casa comune che valorizzi il lavoro, la persona e la sua dignità, che abbandoni la politica dei pregiudizi e sappia interpretare le esigenze, i bisogni, le aspirazioni dei popoli svolgendo un ruolo determinante per far fronte alle enormi difficoltà finanziarie createsi con il dilagare della pandemia.
Sappiatelo! La libertà è un bene assoluto, non si conquista una volta per tutte,come ammoniva il partigiano Sandro Pertini, ma va difesa ogni giorno contro le insidie che sono sempre in agguato».
I SINDACATI. I metalmeccanici di FIM CISL e FIOM CGIL della provincia di Teramo, in un momento così particolare, “augurano a tutte e tutti un buon 25 Aprile, auspicando si riscopra il senso vero della Resistenza che 75 anni fa ci ha liberati dalla dittatura. Donne e uomini che decisero, in nome di un Ideale, di mettere in gioco le proprie vite per costruire una società più giusta, in cui si potesse essere liberi: di esprimersi, di muoversi e liberi dal bisogno. Oggi, in troppi, sono costretti a vivere prigionieri di bisogni che non riescono a soddisfare perché vittime di vicende che non sembrano trovare soluzione. Soprattutto per loro, per la loro resistenza collettiva ed individuale, questo 25 aprile dovrà rappresentare un momento di liberazione. Per i 150 dipendenti dell’ATR, che per reclamare il diritto a vedersi pagato lo stipendio, hanno scioperato e presidiato ininterrottamente per tre settimane, giorno e notte, la loro fabbrica, ma che ancora non percepiscono un euro. Per i 50 lavoratori della VECO, che per difendere il proprio posto di lavoro, in fonderia, hanno combattuto per anni, ritrovandosi, infine, senza neanche la cassa integrazione pagata. Per le migliaia di metalmeccaniche e i metalmeccanici le cui fabbriche in queste settimane si sono fermate per la cassa integrazione e i cui pagamenti tardano ad arrivare. Soldi che non arrivano anche a causa della gestione della Regione Abruzzo che si è dimenticata di preoccuparsi di tutti. La Giunta regionale ha preferito seguire le sirene romane e su quell’onda inventarsi sussidi di difficile accesso e senza un reale ritorno. Non si è preoccupata, invece, di inviare le domande di cassa in deroga: troppo presi, forse, in teatrini che hanno visto amministratori ammainare bandiere il cui senso gli era probabilmente ignoto, stanno costringendo migliaia di famiglie a vivere nell’attesa di soldi che non arrivano. E questo 25 aprile dovrà rappresentare, anche, il ringraziamento a chi, oggi come ieri, si è messo a disposizione degli altri combattendo un virus che ha diffuso paura e morte. E il nostro ringraziamento va, in particolare, ai metalmeccanici manutentori degli ospedali che con la loro attività e con il loro solito spirito di sacrificio, hanno consentito che queste strutture continuassero a funzionare anche durante l’emergenza. Seguendo il loro esempio ne potremo uscire, insieme. Perché nessuno si salva da solo e ci salveremo solo se, uno a fianco all’altro, capiremo che la solidarietà sarà l’arma che ci consentirà di vincere, tutte e tutti».
L’UNIVERSITÀ. Con una maratona di letture su RafioFrequenza, l’Università di Teramo celebra la ricorrenza del 25 aprile, festa della Liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista e anniversario della Resistenza partigiana. Il programma è stato organizzato dalle Facoltà di Scienze politiche e Scienze della Comunicazione, con il coordinamento di due storici contemporanei dell’Università di Teramo, Pasquale Iuso e Andrea Sangiovanni. A partire dalle 15 sulla Radio dell’Università di Teramo FM 102/101.3 o sul sito http://www.rfrequenza.it/ si potranno seguire i docenti e i numerosi studenti che si alterneranno nella lettura di brani scelti tratti dai volumi: Autobiografia di Maria Teresa Regard, Diario del caporale abruzzese Andrea Andreone a cura di Marco Andreone, Un uomo ordinato, un dizionario del partigiano anonimo di Angelo Del Boca, La mia Resistenza. Storia di una giovinezza di Claudio Pavone, Libere sempre di Marisa Ombra.
Durante il programma ci saranno inoltre interventi di Francesca Fausta Gallo, Piero Nicola Di Girolamo, Andrea Ciccarelli, Marco Andreone e Chiara Donati che parleranno del valore della Resistenza e della Liberazione dopo 75 anni, di come si sono trasformate nel dopoguerra le aspirazioni a una società libera e giusta ma anche della pratica della resistenza in tempo di pace, dello studio del diario come simbolico “passaggio di testimone” tra generazioni, per finire in musica con Bella ciao, la storia della canzone e il suo adattarsi al tempo in cui viene cantata.
IL CENTRO "SANDRO SANTACROCE". «A causa delle misure di contenimento del contagio da Covid-19, quest’anno non sarà possibile celebrare il 25 Aprile per le strade e nelle piazze come abbiamo sempre fatto. Tale impedimento, tuttavia, non ci preclude la possibilità di rendere omaggio ai nostri eroi partigiani. Approfittiamo, quindi, di questo periodo di isolamento sociale per fare una riflessione sulla lotta di liberazione, partendo dal ricordo della data del 25 settembre 1943 che i teramani hanno fissa nella memoria. Nella battaglia di Bosco Martese, le formazioni partigiane del territorio hanno riportarono la prima vittoria in campo aperto contro il nemico nazifascista. In quei giorni, oltre mille giovani dal capoluogo e da tutta la provincia, tra i quali citiamo i valorosi Mario Capuani, Vincenzo Orsini, Felice Rodomonti ed Armando Ammazzalorso, salirono sui monti per organizzare la lotta di Liberazione. Sprezzanti della paura, misero a rischio la propria vita e, pochi mesi più tardi, entrarono a Teramo con il dono più prezioso: la libertà. Il loro esempio oggi ci spinge a non abbassare la guardia e a lottare contro i rigurgiti fascisti che troppo spesso riempiono le cronache dei giornali. Non possiamo permettere che questo 25 Aprile di reclusione incrementi l’ondata di revisionismo storico che imperversa da diversi anni. Un revisionismo becero che ha addirittura portato all’approvazione di una vergognosa risoluzione europea che equipara il nazismo al comunismo. Dovrebbe essere ormai cementato nella nostra storia che gran parte delle Brigate Partigiane erano di fede comunista, e dovrebbe essere altrettanto chiaro che è solo grazie al contributo fondamentale dell’Unione Sovietica se il nemico nazista è stato combattuto e vinto. L’Armata Rossa ha scoperto gli orrori di Auschwitz e ha liberato Berlino, pagando al secondo conflitto mondiale il maggiore tributo di vittime, oltre 20 milioni tra civili e soldati. È necessario, quindi, tenere vivo il fuoco della memoria della lotta partigiana ed alta l’attenzione verso i rigurgiti fascisti della destra reazionaria e razzista che non accennano a diminuire. Come Centro Politico Comunista Sandro Santacroce, restiamo vigili e ci impegnamo a coltivare e a tramandare alle future generazioni l’ardore degli eroi che nella nostra Teramo hanno lottato per donarci un mondo migliore. *Vivo, sono partigiano", A. Gramsci»
RIFONDAZIONE COMUNISTA. «Il Circolo di Teramo del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea – si legge in una nota del segretario Mirko De Berardinis – partecipa con impegno politico e morale alla Festa del 25 aprile 2020, giorno in cui ricorre il 75° anniversario della Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo. Purtroppo quest’anno, con l’emergenza sanitaria in corso, non è stato possibile organizzare iniziative “dal vivo” né partecipare, come sempre in passato, alle manifestazioni celebrative che rendono omaggio ai monumenti e alle lapidi dei martiri e caduti partigiani, per onorare la loro memoria e trasmettere alle nuove generazioni i valori dell’antifascismo e della lotta di liberazione.
Ma non possiamo esimerci, da comunisti, dal festeggiare anche se in forma diversa l’anniversario del 25 Aprile 1945, data che ha segnato irreversibilmente la storia e che rappresenta l’inizio dell’Italia repubblicana, fondata sulla Costituzione democratica ed antifascista. Ricordiamo le donne e gli uomini che subirono per oltre un ventennio la violenza e l’odio del regime mussoliniano con il carcere, il confino e persecuzioni di ogni tipo. Non dimentichiamo il fondamentale contributo e l’eroico sacrificio dato alla Resistenza da comunisti e socialisti nelle Brigate Garibaldi e nelle altre formazioni partigiane. Essi furono la componente principale nella lotta contro la barbarie nazi-fascista.
Onoriamo dunque il 25 aprile, cantando anche “Bella Ciao” al fianco dell’ANPI e di tutte le organizzazioni antifasciste, nella consapevolezza che la Liberazione è la festa di tutti i democratici e di ogni cittadino italiano che si riconosce nella Costituzione. Non è così per quegli indegni cialtroni che in varie parti del Paese offendono e calpestano la memoria della resistenza e dei gloriosi partigiani, con revisionismi storici, equiparazioni, atti vandalici, insulti e volgari provocazioni fasciste, razziste e xenofobe. Manteniamo sempre alta la vigilanza contro di loro e rispondiamo con le parole del compagno Gian Carlo Pajetta, partigiano e storico esponente del PCI: “Con voi fascisti i conti li abbiamo chiusi il 25 aprile 1945, in Piazzale Loreto a Milano”.
Il Circolo di Teramo di Rifondazione Comunista, nel rendere gloria a tutte le vittime del nazi-fascismo ed ai combattenti della lotta partigiana, ricorda il fulgido esempio di due comunisti teramani, Berardo D’Antonio e Romolo Di Giovannantonio che omaggiamo ogni anno presso il monumento a loro dedicato all’interno della Villa Comunale “S.Bandini” di Teramo, eretto nel 1988.
D’Antonio, giovane fabbro, militante della FGCI, fu arrestato dalle guardie fasciste insieme con altri due compagni, mentre distribuivano volantini contro il regime e il giornale “l’Unità” a Torricella Sicura (TE). Incarcerati e condannati dal Tribunale Speciale furono reclusi in diverse carceri. Morì all’età di 20 anni, nel 1929, gravemente malato di tubercolosi, infezione contratta nell’istituto di pena. Di Giovannantonio, a cui è co-intitolato il Circolo di Teramo del PRC sin dalla fondazione nel 1991, militante comunista ed attivista sindacale, fu prescelto dal centro esteri del PCI clandestino per fronteggiare il radicamento fascista nel centro Italia. Arrestato a Genova fu condannato dal Tribunale Speciale e recluso nel carcere di Pianosa in Puglia. Dopo mesi di violenze e torture morì a 43 anni, nel 1942, dopo che gli fu negata l’insulina necessaria per la sua sopravvivenza fisica.
A perenne memoria, ora e sempre resistenza! Viva il 25 aprile!»